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Una giornata di pioggia

Pioveva a dirotto già dalla notte. Lucia accese la radio per sentire il notiziario e preparò la colazione. Era un tempo adatto per restare in casa a leggere. Mentre controllava se la fioriera del balcone si fosse riempita d’acqua, annegando le piantine, notò una macchina ferma proprio di fronte alla sua palazzina. La pioggia intanto s’infittiva e ticchettava con ritmo incalzante sulla tettoia della veranda, coprendo a tratti la voce del cronista. Lucia si vestì e prese da terra il libro che aveva posato sul pavimento accanto al letto quando si era addormentata. Ricercò la pagina, che non aveva segnato e riprese la lettura. Era un giallo pieno di tensione, il presunto colpevole bussava alla porta del protagonista e poiché non rispondeva nessuno provava una seconda volta. Lucia credette di sentire lo squillo del suo campanello. Andò a guardare dallo spioncino, sul pianerottolo non c’era nessuno. Sorrise e pensò che era stata la suggestione del libro. Riprese la lettura, nessuno aveva aperto la porta e il sospettato era andato via, si era seduto in macchina di fronte al portone del palazzo. Questa scena spinse Lucia a guardare di nuovo la strada, sebbene non ne avesse motivo. La pioggia era diminuita d’intensità e la macchina era sempre lì. Cominciò a immaginare chi stesse aspettando la donna al volante, vedeva soltanto un braccio e la mano sinistra con la sigaretta. Riprese a leggere, ma l’incanto si era spezzato. Svogliata cominciò a girare per il soggiorno l’unico spazio ampio dell’appartamento, aggiustò i fiori nel vaso, lisciò i cuscini per togliere le pieghe e ritornò dietro i vetri. La macchina era sempre lì, la donna adesso aveva l’iPhone in mano. Rimase ad osservare. Non pioveva più, un timido arcobaleno illuminava il cielo. Vide la donna scendere dall’auto e dirigersi verso il portone. Adesso Lucia non la vedeva più perché era sotto la pensilina. Allora guardò dallo spioncino, se per caso la donna andasse nell’appartamento di fronte. Lì da circa un mese era venuto ad abitare un uomo di mezza età, elegante. Lucia l’aveva conosciuto quando si era bloccata serratura del portone. Le disse che era stato da poco trasferito alla sede centrale dell’azienda per cui lavorava. A Lucia sembrò che cercasse un po’ di compagnia. Siccome non le dispiaceva l’idea, una sera bussò da lui per offrirgli un dolce appena fatto. Lui l’invitò ad entrare e trascorsero un’ora conversando di tanti argomenti privi di riferimenti personali. Lucia aveva esaminato con cura i suoi tratti eleganti, ma con una punta di dispiacere aveva notato che la sua attenzione era sempre divisa tra la conversazione e l’iPhone, dove si susseguivano messaggi silenziosi. Non si erano più incontrati. Mentre era di vedetta dietro lo spioncino, squillò il telefono, Lucia fu costretta ad abbandonare l’osservatorio. Era sua sorella che le chiedeva la ricetta di una torta. Dopo la telefonata la macchina era sparita e aveva ricominciato a piovere. Riprese la lettura di malavoglia. Di tanto in tanto guardò dallo spioncino e stette in ascolto. La porta dell’appartamento rimase sempre chiusa non filtrava nessun rumore né luce quando fece buio, come se fosse disabitato. La mattina seguente, tornando a spiare, notò che la porta dell’appartamento era aperta e due uomini in tuta entravano e uscivano quasi senza fare rumore, trasportando dei grossi scatoli. In breve lo svuotarono e chiusero la porta.Del vicino tanto distinto nessuna traccia. Scese a controllare la cassetta delle lettere, quella del vicino era vuota e senza la targhetta del cognome. L’impiegato di un’agenzia immobiliare stava già attaccando il cartello “affittasi”. Lucia ritornò a casa delusa e triste. Quel vicino così distante e riservato in fondo le era piaciuto, o le piaceva ancora molto. Era appena entrato nelle sue fantasie e adesso era sparito. Prese lentamente un nuovo libro dallo scaffale e cominciò a leggerlo. I personaggi dei romanzi, pensò, si conoscono meglio dei vicini.

Gabriella Maggio