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L’uomo che faceva volare i gabbiani 

Fabio Bernardini è integerrimo servitore dello Stato, magistrato quarantenne osserva il mondo con un pizzico di disapprovazione, poco propenso a lasciarsi coinvolgere. La sua incrollabile serietà non lo abbandona neppure in vacanza e non si lascia andare a galanterie. Ama le donne di famiglia e del lavoro, in primis la madre, confidente e protettrice. Due lo proteggono e viziano in ufficio. Le altre lo incuriosiscono e spesso lo attraggono ma vivono in un mondo sconosciuto che può rivelarsi anche pericoloso. Nella vita quotidiana sembra incerto e impacciato, nella solitudine costruisce l’eroismo identitario con piccoli atti anche originali. Di fronte al mare alza e allarga le braccia come un gabbiano, suggerimento di un pescatore, e li induce al volo; sembra seguirli in quella leggerezza tra cielo e mare. Se ne vanno i gabbiani ma compare la donna del mistero, compagna di gioventù forse amata un tempo, bellissima e indecifrabile, certo da temere. Una sera si abbandona in poltrona e alla musica dei vinili; una raccolta infinita di dischi lo aiuta a selezioni di musiche affascinanti. Ci regala preziosi consigli secondo periodo, per esempio negli anni Ottanta i Rha Band di Clouds across the moon (citazione più che appropriata per l’anniversario), i New Order, Satisfaction, Take on me, senza trallasciare Billy Idol. Con Bette Davis eyes un incubo nello stile degli horror, lo assale con un messaggio premonitore. Le notti del giovane magistrato sono vivacizzate anche da escursioni nella sua biblioteca personale di Babele, e i brani che definisce slegati - appuntati alla fine di ogni libro - compongono un oracolo personale; da Kundera a Dostoevsky a Gogol a Henry James solo per citarne alcuni che favoriscono lo slancio della vita. Intellettuale imperfetto può trovare serenità su tre pilastri: le sue conoscenze culturali, l’applicazione sensata della legge e il rapporto equilibrato con la natura.

Il romanzo italiano del dopoguerra è arricchito dall’arguzia sottile di scrittori che le giovani generazioni non conoscono: Giorgio Scerbanenco, Giancarlo Fusco, Giuseppe Marotta, Achille Campanile, Ennio Flaiano, Piero Chiara, solo per citarne alcuni della sorridente compagnia. Roberto Ricciardi ha il merito di sapersi incolonnare nella lunga marcia, con impegno e senza vanterie. Concentra lo sguardo sul piccolo mondo del tribunale, dalla goffaggine vanitosa del collega Pisapia alle lungaggini della legge, senza perdere le forme interessanti della poliziotta Boschi Adriana. E ci aspetteremo un siparietto amoroso: “il tram dell’amore parte e va ma non ripassa, il servizio è sospeso, l’azienda ha abolito le fermate sotto casa”. La vicenda si avvinghia al rapimento di una bimba ma i delinquenti sono incerti e pasticcioni e il nostro eroe si fa prestare occhiali scuri per celare l’emozione quando la bimba è ritrovata. E riacquista la balbuzie. Ma la storia non è terminata e mancano ancora 40 pagine. Che succederà? Con una telefonata misteriosa la vicenda si riaccende e Fabio, nel lungo viaggio accanto all’Adriana, ha modo di farci conoscere le sue teorie sul misterioso mondo femminilele con donne sempre più stringenti e lontane a un tempo. Infine l’atmosfera si apre, il senso del ridicolo resta dietro l’angolo, tutto quaglia e l’autore firma un finale di classe. Amore e giustizia all’ultima riga.

Edizioni Gutenberg Fisciano di Salerno

€ 15,00



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