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Monsieur Melville, le samurai

Irascibile, imprevedibile, scontroso, Jean- Pierre Melville con il suo ampio cappello da cow boy, gli occhiali scuri, il sigaro in bocca, è un regista ancora oggi, a quarantaquattro anni dalla morte amato, ammirato, inimitabile. Nato il 20 ottobre 1917 a Parigi Jean- Pierre Grumbach, questo il suo vero nome, è un giovane irrequieto che nel 1937 si arruola in cavalleria e allo scoppio della guerra si trova coinvolto nella disastrosa ritirata di Dunkerque. Entra nella Resistenza deciso a sconfiggere l’odiato nazismo partecipando all’operazione Dragon. Costretto a fuggire in Spagna attraverso i Pirenei torna poi a Londra. Nel ’45 rientrato a Parigi studia regia cinematografica e inizia così la sua prestigiosa carriera. Le silence de la mer, 1947, è il suo esordio dietro la cinepresa, ma la vera svolta avviene nel ’55 con Bob le flambeur, un potente noir e uno sguardo sulla malavita originale e graffiante. Dopo Le iene del quarto potere, 1957, film girato a New York e ispirato a un vero fatto di cronaca, tocca a un’opera originale, una sorta di parentesi morale intitolata Léon Morin, prete del 1960, protagonista l’ottimo Jean- Paul Belmondo.

Poi il ritorno al noir con Lo spione tratto dal romanzo di Pierre Lesou interpretato ancora da Belmondo nei panni di Silien, un malvivente appena uscito di galera che uccide un ricettatore per vendicarsi della morte della moglie. Dopo aver rubato dei gioielli Silien è sospettato di essere un doulos, un informatore della polizia e questa accusa lo condurrà a un finale tragico. Melville, appassionato di cinema americano, si distingue rispetto ad altri suoi colleghi per il suo stile anarchico e personale. Del ’64 è La sciacallo, straordinario duetto tra due grandi Charles Vanel e Jean Paul Belmondo, rispettivamente nei panni di un banchiere disonesto e del suo accompagnatore in fuga per gli Stati Uniti. Il regista firma poi due veri classici del genere polar (come è chiamato il poliziesco in Francia). Il primo è Tutte le ore feriscono, l’ultima uccide del 1966 con uno splendido Lino Ventura nel ruolo di un ergastolano còrso evaso e braccato dalla polizia, ma pronto a effettuare il suo ultimo colpo prima di espatriare e il secondo Frank Costello, faccia d’angelo, 1967, detto il samurai, un killer spietato e solitario interpretato da Alain Delon. Nel ’69 Melville realizza un potente affresco storico, L’ armata degli eroi, che rievoca la lotta dei partigiani gollisti nel ’43 nel periodo più cupo dell’occupazione tedesca. Lino Ventura, Simone Signoret, Serge Reggiani, Paul Meurisse, Jean- Pierre Cassel sono i coraggiosi resistenti che sacrificheranno la loro vita per la causa delle libertà. il film inizia con la sfilata sugli Champs Elysées degli invasori nazisti in un silenzio spettrale. Il regista ha ottenuto dalle autorità francesi eccezionalmente il permesso per girare nel mitico viale parigino.

Nel ’70 tocca a I senza nome, un altro noir con un cast di prim’ordine formato da Bourvil, Alain Delon, Yves Montand e il nostro Gian Maria Volonté e nel ’72 gira la sua ultima fatica cinematografica, Notte sulla città, con il solito Alain Delon nei panni del commissario Eduard Coleman incaricato di indagare sulla rapina a una banca di St. Jean de Monts compiuta dal gangster Simon (l’attore americano Richard Crenna). Il poliziotto ha un’amante, la bella Cathy con il volto fascinoso di Catherine Deneuve, che contemporaneamente è legata anche a Simon. Il 2 agosto 1973, mentre sta per preparare una nuova produzione Melville muore improvvisamente a soli cinquantasei in un ristorante parigino. Per anni poco compreso dalla critica è stato poi riscoperto, rivalutato e perfino venerato. I suoi eroi, sbirri o gangster, sono sempre dei perdenti cui la vita non ha riservato molte possibilità. È questo il mondo di Jean- Pierre Melville, il samurai.
Pierfranco Bianchetti