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Sbirri

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Cala la sera su Milano quando Angelo, Paolo, Simone ed altri loro colleghi si preparano per andare a lavorare infilandosi le pistole nella cintura dei pantaloni e le manette nelle tasche.

Angelo, Paolo e Simone sono sbirri, poliziotti della Squadra Mobile appartenenti alla coraggiosa sezione antidroga Uocd (Unità Operativa Criminalità Diffusa), che ha il non facile compito di contrastare lo spaccio di stupefacenti, braccando i fornitori d’eroina, di cocaina e di pasticche nelle buie periferie metropolitane, in condomini popolari e fuori dei locali alla moda sui Navigli e in zona Garibaldi.


A loro si affianca, camuffato con parrucche ed occhiali a specchio, il noto giornalista televisivo Matteo Gatti (figura che s’ispira al vero Fabrizio Gatti dell’Espresso, autore di memorabili reportage in Italia e all’estero), autorizzato dal Ministero degli Interni per condurre una delicata indagine sul fenomeno droga a Milano, che ormai colpisce indiscriminatamente tutti i ceti e gli ambienti sociali.

Gatti è però mosso da una motivazione ancora più forte di quella professionale. Suo figlio Marco di soli sedici anni è appena tragicamente scomparso proprio nella città lombarda in seguito ad una sfortunata gita di piacere insieme con alcuni amici, vittima di una maledetta pastiglia di ecstasy. Lasciata a Roma sua moglie Sveva, prossima a partorire un secondo figlio e ovviamente affranta come lui dalla morte del loro primogenito, Matteo condivide con il suo fido cameraman Gigi Martinucci, i pericoli vissuti ogni notte dai poliziotti dell’Uocd tra pedinamenti, inseguimenti, perquisizioni ed arresti. Il cronista in piena crisi coniugale (è accusato da Sveva di aver trascurato la famiglia privilegiando il suo lavoro), inizia a ricevere sul computer inquietanti messaggi video girati in vita da Marco.

Smarrito, confuso, addolorato, egli trova conforto solo in Angelo, l’ispettore capo che guida il gruppo di sbirri. La sua pacatezza, la sua lucida capacità di comprendere le cose della vita, che gli derivano dai quotidiani rapporti con i tossici e con gli spacciatori, sono d’aiuto a Matteo alla ricerca di se stesso dopo il dramma che lo ha colpito. E sarà proprio Angelo, accompagnandolo al treno diretto a Roma per raggiungere l’ospedale dove la sua donna sta per partorire, a svelargli il segreto delle ultime commoventi immagini in video di suo figlio apparse sul computer...

Diretto dal milanese Roberto Burchielli, Sbirri è un’opera certamente originale in grado di esprimere un linguaggio filmico innovativo mischiando sapientemente la fiction interpretata da un Raoul Bova, qui anche in veste di produttore (insieme alla moglie Chiara) ed attore sempre più impegnato in un cinema di forte impegno civile (La fiamma sul ghiaccio; Io, l’altro e un corto contro la pena di morte), con le autentiche operazioni della squadra antidroga della Questura di Milano raccontate senza copione dagli stessi poliziotti.

Il film, affrontando anche il difficile tema del rapporto tra padre e figli, è soprattutto un ritratto, a volte perfino commovente, di questi lavoratori che quotidianamente combattono il crimine spinti da una vera passione, da una capacità di capire, probabilmente qualche volta più di tanti studiosi, le cause del fenomeno droga, spia del malessere sociale che sta dilaniando la nostra società.



2009. Italia. Regia di Roberto Burchielli.

Con Raoul Bova, Simonetta Solder, Luca Angeletti, Alessandro Sperduti.


Pierfranco Bianchetti
 
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