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La pesca miracolosa di Dumas

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Molti si lamentano dell’insulsaggine televisiva. Ecco una soluzione drastica, scelta di svago durante la cena, adottata da un insegnante veneto di lettere alla scuola media. Qualcuno penserà a un atteggiamento poco salutare, ma in realtà il tizio sta benissimo, non ha nessun disturbo e mangia con buon appetito e gusto.

Dunque, spenta la Tv, attrezzato un buon leggio di legno, vi ha posto un volume e durante il pranzo se lo legge avidamente. Per i passaggi più impervi, per esempio il brodo o gli spaghetti, il taglio della carne, ovviamente non legge, ma nella maggior parte dei casi, tagliate le vivande a tranci, non ha problemi. Ma ora sbirciamo una pagina del volume.

“Basso Tommeo e i figli avevano tirato le reti sulla spiaggia tra una moltitudine di pescatori e lazzaroni accorsi a veder il risultato della loro pesca. San Francesco, intercedendo sollecitato dalla preghiera di Assunta, sembrava aver voluto mettere nelle reti del vecchio pescatore e dei suoi tre figli un esemplare di tutti i pesci del golfo.
L’orata dai riflessi d’oro, la palamita dalle maglie d’acciaio, la spigola dalle veste d’argento, la triglia dal corsetto rosa, il dentice dalle pinne vinaccia, il cefalo dal muso arrotondato, il pesce –sole che sembra un tamburello caduto in mare, e per finire il pesce sanpietro che porta ai fianchi l’impronta delle dita dell’apostolo, facevano la scorta e sembravano la corte, i ministri, i ciambellani di un tonno magnifico che pesava almeno sessanta rotoli e che pare il re del mare ”

Con questa vivace descrizione inizia il XXXI capitolo a pagina 244 (Tullio Pironti Editore, 1998) de La Sanfelice di Alexandre Dumas padre. In poche pagine, dalla pesca miracolosa la scena si trasforma in fatto di sangue, roghi, violenza e morte. Il romanzo narra infatti la rivoluzione napoletana antiborbonica del 1799, perdente ma primo segno di riscossa dell’italianità secondo il giudizio di Benedetto Croce. Dumas lo pubblicò a puntate tra il 1863 e il 1865 sul giornale L’Indipendente che diresse per tre anni a Napoli su incarico di Garibaldi; la redazione era in via Chiatamone a Santa Lucia, dietro al lungomare, poco lontano dall’attuale sede de Il Mattino.

L’autore dei Tre moschettieri, in quest’opera di oltre 1300 pagine riesce a creare un’atmosfera avvincente. Racconta Napoli, che considera la più bella città del mondo, con intrighi, amori, sciagure, guerre e sopratutto straordinari personaggi come il re Ferdinando IV detto Re Nasone e Maria Carolina figlia di Maria Teresa d’Austria e sorella di Maria Antonietta; (i regnanti fuggiranno a Palermo e il re si farà costruire la leziosa e licenziosa Palazzina Cinese), Orazio Nelson, Francesco Caracciolo, Eleonora Pimentel Fonseca, Fra Diavolo solo per ricordarne alcuni.
Citando i Tre moschettieri non si può non segnalare che tra il 1842 e il 1849 furono pubblicati anche i Promessi Sposi e David Copperfield: tre opere frutto di una narrativa europea straordinaria, ispiratrici di sentimenti e fantasia tanto benefici per il lettore. Che varrebbe forse la pena di rivalutare.

Vi basta? Con questo per ora termino.
riolo@riquadro.com
 
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