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Antonino Cascino e il mito dell’eroe nella Grande Guerra

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Celebrazioni del Centenario, Piazza Armerina 23-05-2015
Dall'intervento di Salvatore Lo Re .
… Cominciamo da uno di questi diari di guerra, oggi famoso, “Trincee” di Carlo Salsa. Non un romanzo sulla “grande guerra”, ma la nuda testimonianza di un combattente, che racconta la sua guerra, quella “del Carso del 1915” (Luigi Santucci, Prefazione a Carlo Salsa, Trincee 2015, p. 8), una guerra spaventosa, come tenente di complemento, sempre in prima linea, fino a cadere prigioniero nel maggio 1917. Quindici mesi in trincea. “Il lettore viene catapultato in trincea, riesce perfettamente a sentire il fango sotto i suoi piedi, il terribile odore che avvolge il fronte” (Blitzkriegmilitaria Forum). “Trincee” di Carlo Salsa, edito da Sonzogno nel 1924 e subito sequestrato dalla censura fascista, perché lontano dalla retorica della guerra …

Vediamola una di queste testimonianze. “A notte alta, sarà stata mezzanotte, sarà stato più tardi, è passato in ispezione il comandante della brigata, il generale Cascino, che poi conosceremo meglio, figura leggendaria di eroe, soldato meraviglioso, che ha vissuto in continua fraternità coi suoi fanti e da fante è morto nel fuoco della battaglia”. Parole, queste, di Giovanni Favoino di Giura (Trincea coi fanti della brigata “Avellino”, New York 1926, p. 35), giovane intellettuale lucano tornato apposta da Buenos Aires per arruolarsi volontario, e inquadrato proprio nel 231° reggimento di fanteria della brigata Avellino. Si fece quattro mesi di trincea, nel 1916, dal San Marco a Globna, e nel passo citato dal suo diario, unisce idealmente il primo incontro col generale Cascino e l’esito tragico dell’esistenza di quest’ultimo, ferito sul Monte Santo, appena conquistato durante l’undicesima battaglia dell’Isonzo, il 15 settembre 1917, e spirato quindici giorni più tardi a causa di una setticemia, derivata dalla decisione di non ricoverarsi per non abbandonare la sua divisione…

Concludo con il passo finale del libro … Scende dal campo di battaglia, sul San Marco, promosso tenente e destinato alla sicurezza di un posto in retroguardia: “… Un velo di melanconia mi fascia l’anima. Saluto il sacro monte, dal dolce suono evangelico, con un senso di profonda gratitudine, perché lassù ho incominciato a conoscere bene gli italiani ed ho meglio imparato ad amare l’Italia”.
Questa la lezione che certamente egli imparò anche da Antonino Cascino.

Vedi il testo integrale
Attenzione: i collegamenti indicati nel testo integrale sono attivi da qui:
www.Blitzkriegmilitaria-forum.com
www.arsmilitaris.org/Isonzo.pdf
www.pierocavalieri.org/pubblicazioni/enrico_tondi.pdf
 
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