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BOBBY

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Come era bella l’America dei diritti civili, della lotta alla “sporca guerra” del Vietnam, di Martin Luther King, del movimento femminista ed antirazzista, l’America che seppe diffondere in tutto il mondo un profumo di speranza e di libertà.
Questi sono i valori presenti in Bobby, il film di Emilio Estevez, che ricostruisce uno degli episodi più dolorosi della storia statunitense. Il 5 giugno 1968, poco dopo la mezzanotte, il senatore Robert Kennedy, fratello minore del Presidente ucciso a Dallas cinque anni prima, fu a sua volta colpito gravemente nel retrocucina dell’Hotel Ambassador a Los Angeles (morirà il giorno successivo al Good Samaritan Hospital), da uno studente palestinese di nome Sirhan Sirhan.

Emilio Estevez, figlio di Martin Sheen, il protagonista di Apocalypse Now e fratello di Charlie Sheen, il soldatino di Platoon, mettendo insieme un cast stellare di divi con paga sindacale (da Sharon Stone a Antohony Hopkins, da Demi Moore a Harry Belafonte, da William H. Macy a Christian Slater), racconta quel tragico avvenimento con l’ausilio di ventidue personaggi di fantasia che per un motivo o per l’altro, sono presenti nel luogo dove morirà un altro sogno americano.
Sono per lo più persone che lavorano nell’hotel, una parrucchiera, un lavapiatti, un maitre, il responsabile del personale, ma anche ospiti, come una coppia matura dell’Est Coast, due giovani in procinto di sposarsi solo per evitare al ragazzo di partire per il Vietnam, una cantante incaricata di esibirsi per il senatore del Massachusetts e ancora due militanti del suo staff, che finiranno ingenuamente per farsi di Lsd. Tutti hanno i loro problemi, le loro paure esistenziali, le loro nevrosi. Sono uno squarcio di un’America che credeva però nell’uguaglianza e nella solidarietà.

Alternando spezzoni dal vero con sequenze di fiction allietate dalle mitiche musiche dell’epoca (tra tutte la canzone di Simon e Garfunkel “Mrs Robinson”, dal film Il laureato), la pellicola cerca di tracciare con convinzione un ritratto commosso di quel periodo storico, rappresentato dal quarantaduenne candidato alla Casa Bianca già vincitore delle primarie per il partito Democratico e prossimo sfidante nel novembre successivo del repubblicano Richard Nixon.
Robert Kennedy aveva puntato la sua campagna elettorale su temi scottanti, quali l’uscita dell’inferno vietnamita, la lotta alla povertà e alle discriminazioni razziali. “ Nonostante le divisioni, le violenze tra bianchi e neri, tra poveri e ricchi – dirà nel suo ultimo discorso il 5 giugno 1968- sono convinto che noi siamo un grande Paese, un Paese altruista e compassionevole”.
Noi non sapremo mai se Bobby avrebbe mantenuto le sue promesse, ma il suo idealismo e il suo carisma, in questi tempi difficili, rimangono immutati, così come i sogni della Nuova Frontiera Americana.

2006. Usa. Regia di Emilio Estevez.
Con Harry Belafonte, Anthony Hopkins, Sharon Stone, William .H. Macy, Demi Moore,Christian Slater

Pierfranco Bianchetti
 
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