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L’opinione: I vignaioli storici

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Qualcuno penserà a un discorso sorpassato, ma è facile dimostrare che una parte dell’aristocrazia italiana ha saputo cogliere, in alcuni confusi e drammatici momenti della storia nazionale, spunti di grande senso civile, assumendo posizioni innovative e nettamente favorevoli per il benessere politico e sociale. Agli albori del Regno Italiano, 150 anni fa, numerosi nobili, tra cui il marchese Massimo d’Azeglio, criticarono l’Unità ottenuta con l’occupazione militare e vagheggiarono, d’accordo con intellettuali come Carlo Cattaneo, uno schema federalista che avrebbe evitato tante miserie future.

Con un lungo balzo nel tempo arriviamo agli anni ‘80 del ‘900 quando le famiglie nobili proprietarie di aziende agricole si ribellarono all’omologazione di un malinteso senso del progresso industriale; basti citare le cisterne che dal Sud portavano vino al Nord, che poi cambiava nome nei classici toscani, veneti e piemontesi.

Famiglie con nomi allora poco noti nell’economia ma che ben presto divennero abituali, valorizzarono le vigne, investirono nella produzione, seguirono il commercio e oggi, grazie a questo sforzo purtroppo raro nelle campagne italiane, possiamo contare su una specialità agricola unica, il vino italiano, conosciuto nel mondo come tale e con migliaia di declinazioni e etichette.

Un bell’esempio di quello che gli esperti chiamano massa critica, pur mantenendo la differenziazione e la personalità delle zone d’origine per conquistare infinite fasce di consumatori.

Questo pensavo a Villa Forano, Appignano (Macerata) il 26 maggio 2008 mentre ascoltavo il patriarca della famiglia Lucangeli, il conte Giovanni Battista, attorniato dalla moglie Carla, dai figli Chiara, Benedetta, Francesco, Camilla e dai numerosi intervenuti al compleanno dell'azienda vitivinicola.
I figlioli, poco più ragazzi, erano un po’ accaldati per la calura, indaffarati per i preparativi, intimiditi dagli ospiti ma sorridenti, ospitali e abbastanza imperturbabili come il ruolo richiede.

Seguono l’azienda, gl’impegni commerciali, la ricezione, le pubbliche relazioni, gli può capitare di far quasi mattina offendo grappa a un importatore dall’estero. Producono ottimi vini che fanno grande l’azienda e contribuiscono al benessere nazionale; hanno rinnovato le case coloniche offrendo ospitalità di buon tono e favorendo il turismo a Macerata, un gioiello dell’arte e cultura; valorizzano l’antico artigianato delle ceramiche di Appignano, soprattutto difendono la campagna dall’aggressione del cemento.

Merita segnalare l’inconfondibile disegno della villa che adorna le classiche e sobrie etichette dei vini. Ricordano la raccomandazione di Fred Plotkin, giornalista di New York, conoscitore e amico dell’Italia: “Mettete in etichetta le vostre ville, le chiesette di campagna, le antiche torri e tutto il mondo conoscerà il vostro splendido Paese”.
Come dire: arte, artigianato, agricoltura.

Claudio Riolo

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