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L’ampia sala rinnovata con intelligenza, sapiente tecnica e sensibilità umanistica dall’architetto Carlo Antonelli, fratello di Teresa, ricorda un po’ gli anni venti del costruttivismo, con l’uso di materiali industriali, il ferro delle navi per il pannello forato d’ingresso e la pedana inclinata per disabili, i cilindretti delle lampade su ogni posto del bar con i fili ritorti d’un tempo; il lungo banco è d’acciaio e vetro opaco rosso decorato d’alamari d’ottone.
Rosse anche le mattonelle alternata e quelle bianche del pavimento smaltato; per l’aperitivo si può scegliere lo stretto banco e seggioloni o i tavoli un po’ romantici con divanetti.
La sala, ampia e alta sul panorama descritto, poggia, agli angoli di levante, su due scale importanti e rosse, dalle pedate arrotondate.
Tovaglie a righe e poltroncine modello Spaghetti in tondino nero e caucciù trasparente ci riportano agli anni ’50, con una ventata di allegra sobrietà; poi il tocco femminile delle piantine del deserto, i gessi colorati della lavagnetta con i piatti del giorno.
Merita descrivere i lavamani con l’acqua che scorre sul piano inclinato di marmo scuro, comandata da una semplice leva orizzontale. Come non ricordare i bagni di Philippe Stark in alluminio luccicante dell’Hotel Paramount; il riferimento a Manhattan tornerà soprattutto a cena, quando Ancona, da qui, è veramente bellissima.
Il ristorante
Il menu
I vini
Cucina d'oggi sapori d'un tempo
I crudi
Per una cena da re
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Mandracchio
L'ambiente
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