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La Scapigliatura Milanese e il Ristorante Ravizza di Milano

Raccontiamo la storia dell’Osteria della Scapigliatura, importante movimento artistico e culturale che nel 1860, dal quartiere Monforte si allargava fino a San Babila. Ci aiuta un palermitano, Samuele Mannino, che da alcuni anni dirige il ristorante Ravizza in via Hoepli 3 a Milano.

La Scapigliatura tra arte, letteratura e cucina

La Scapigliatura milanese offre lo spunto per introdurre il tema del rapporto fra arte e letteratura, convivio e buona cucina. Il quartiere confinava con piazza San Babila non lontano dal nostro locale nato nel 1862. Nel 1857 un avvocato milanese, Cletto Arrighi (anagramma di Carlo Righetti), pubblicò l’Almanacco del Pungolo, rivista soppressa dalla polizia austriaca e sostituita dalla “Serata all’osteria della Scapigliatura”. Compare come romanzo ed è rivolta a individui di ogni ceto, di ogni condizione, di ogni grado della scala sociale che hanno speranza nell’avvenire, brillanti utopie, idee geniali e generose, entusiasmo. Dell’arte della politica Cleto è un soldato del Risorgimento, giornalista, deputato, romanziere, uomo d’affari, impresario del teatro milanese.

Gli scapigliati si trovavano nei caffè milanesi del centro con gli scrittori, pittori e scultori. Centro più vivo della Scapigliatura fu il quartiere Monforte, via Vivaio, ancora campestre, e a due passi da San Babila. Anche via Rossini dove l’amico Claudio Riolo negli anni ‘90 fondò la rivista L’etichetta, il primo suggerimento colto e simpatico per un miglior stile di vita.

Trattorie, artisti e rivoluzioni culturali

All’angolo con via Conservatorio nella Trattoria del Polpetta si ascoltavano l’avvocato ed editore Cletto Arrighi, gli scrittori Emilio Praga e Arrigo Boito, l'artista Mosè Bianchi. Si cucinava anche nel giardino del conte Cicogna frequentato da Giuseppe Rovani, acclamato scrittore del romanzo manzoniano Cent’anni, letterato e politico; era frequentato anche da Carlo Cattaneo, che si divideva tra la Svizzera e le idee di riscatto italiano.

Milano cambia volto

A Milano nel secondo ‘800, dall’alto della cerchia spagnola dei Bastioni, l’occhio non spazia più sugli orti, sulle marcite lente dei fossati, sulla pianura distesa a settentrione e chiusa dalle lontane catene rosa e azzurre delle Alpi. In quel trentennio tra il 1860 e il 1890, lungo l’anello della circonvallazione, nelle strade che si dipartono da percorsi antichi sorgono case dietro case e officine. Case alte 4,5 piani, fresche di intonaco e fitte di finestre ove escono nenie di barcarole veneziane, stornelli di Toscana e canzoni della bella Napoli. Poggioli e ringhiere dove ragazze, donne e bimbi fanno amicizie intrecciando colloqui e dispute in dialetti diversi.

Il cuore pulsante della Scapigliatura

Tra porta Venezia, via Mozart, via Serbelloni, via dei Cappuccini, via Vivaio, via Solferino, via Rossini, via Maggiolini, corso Monforte, via Plinio fino a San Babila e tante altre si riunivano letterati e artisti della Scapigliatura. La città intanto si avviava a diventare capitale del lavoro.

Un libro per raccontare un’epoca

E il libro che abbiamo scelto per raccontare questa splendida avventura fu pubblicato a giugno del 1945 riprendendo pubblicazioni risalenti fino al 1860. Il titolo “Serata all’osteria della Scapigliatura” fu redatto a cura di Eugenio Gara e Filippo Piazzi per la Casa Editrice Bietti di Milano. La Scapigliatura racconta trent’anni di vita artistica milanese ma senza troppo impegno, anni visti da uomini che, scapigliati e non, riconobbero nell’osteria quel che ci vedeva Giuseppe Rovani, “la casa di chi non ne ha”.

Vogliamo immaginare un famoso quadro che rappresentava appunto lo straordinario scrittore del romanzo di approccio manzoniano Cent’anni. Nel quadro era circondato da una eletta schiera di artisti.

Dove si incontravano gli Scapigliati

Non dimentichiamo che la Scapigliatura milanese fu composta da individui di ogni ceto e grado della scala sociale. Il quartiere accoglieva anche il ceto medio e l’aristocrazia, esponenti della letteratura e del commercio, come se una forza simpatica attraesse simili persone. Si trovavano nel caffè e osterie in particolare in via Vivaio alla “Trattoria del Polpetta” sull’angolo di via Conservatorio. Qui si incontravano il pittore Tranquillo Cremona, il pittore e poeta Emilio Praga, domiciliato in via Monforte, solo per fare qualche nome.

Le notizie milanesi erano riferite da Carlo Dossi nella scintillante raccolta manzoniana (Editore Sandro Piantanida, presentata da Giorgio Nicodemi). A cena non mancavano anche Alessandro Manzoni e Carlo Cattaneo.

I primi circoli culturali

Tra gli antesignani del gruppo della Scapigliatura che già si riunivano per uno scopo artistico e culturale troviamo il circolo della Foreseta o Forbicietta in contrada San Giuseppe, l’attuale via Verdi. A via Brera esisteva un caffè con retrobottega e un enorme forbice disegnato a carboncino. Gino Giulini nel suo arcobaleno di vita Gioconda informava che i soci di fervida fantasia, giocando a tresette o scopone avevano il diritto di tagliare i panni al prossimo. La sede di via Bigli, casa Nava poi Poldi Pezzoli, offriva una trattoria e la possibilità di dormire di notte. L’atmosfera era rivoluzionaria, ma nel 1873 il movimento Confusion si riuniva nella sala del caffè dell’Accademia in Piazza della Scala con accesso da via Santa Margherita.

Milano sconosciuta: le ombre del progresso

Paolo Valera nel libro Milano sconosciuta del 1879, racconta la vita dei miserabili che l'espansione economica tra fine Ottocento e inizi Novecento aveva lasciato ai margini a consumarsi in una vita di miseria senza soluzione. Nel libro ricorrono folgoranti ritratti di ladri, prostitute, spiantati, mendicanti, anziani senza pensione. E poi la mensa dei Cappuccini di corso Monforte, i bordelli di via San Pietro all'Orto e i bois, sorta di trattorie per i più disgraziati con i loro piatti per pochi soldi: roma (rostiscianna), venezia (trippa), spagnuola (patate arrosto), maccherilli al sugo (pasta condita), repubblica (guazzabuglio di carne stracotta con cipolle e pomi di terra), nervosi (nervetti all'aceto), e poi sabaudo (barbera) e ciciliana (acqua).

Ingenuo verista e studioso dell'ambiente, si compiaceva di queste indagini di totale crudezza. I Bois o 6015 come li ha battezzati il volgo, presenta qualcosa di bizzarro per il modo con cui vi si preparavano i succulenti intingoli e per gli avventori che li frequentavano.

Ringraziamenti

L’editore ringrazia Samuele Mannino per la fattiva collaborazione e la disponibilità del Ristorante Ravizza in via Hoepli 3 a Milano.